FAEDISHISTORY

La storia

> LE ORIGINI
> IL MEDIOEVO E I CUCAGNA
> DALLA SERENISSIMA ALL’UNITÀ D’ITALIA
> LA PRIMA GUERRA MONDIALE E IL FASCISMO
> DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AD OGGI
> L’ECCIDIO DI BAITA TOPLI UORCH

LE ORIGINI:
LE PRIME
TRACCE DI
STORIA.

Grazie alla scoperta casuale di due ricercatrici, l’archeologa Alba Bellina e Doriana Biombardi laureata in lettere con indirizzo archeologico, la presenza umana nel territorio del comune di Faedis, si può attestare tra i 3000 e i 2800 anni a.C.

Qualche anno fa in località Bocchetta Sant’Antonio, sopra l’abitato di Canebola, hanno rinvenuto alcune incisioni rupestri di forma tondeggiante e ovoidale. Si tratta di 10 figure di dischi puntati, una sorta di “cerchietti” con un forellino al centro, del diametro compreso tra i 10 e i 12 centimetri eseguiti con la tecnica della martellina diretta la cui traccia è ancora ben conservata. Sono le primissime tracce di disegni su pietra degli antichi artisti friulani .

Queste scoperte si sommano a quelle fatte dalle spedizioni del Circolo Speleologico ed Idrologico Friulano nel corso del 1900, presso le grotte “Ciondar des Paganis” e “Foran di Landri” poste rispettivamente ai confini con i comuni di Attimis e Torreano. In queste spedizioni sono stati rinvenuti frammenti ossei, pezzi di ceramica e frammenti di selci, che confermano che la presenza umana nella zona già nella preistoria. Al di fuori di questi elementi, non si conosce altro di questo periodo e bisogna arrivare all’occupazione del Friuli da parte di Roma nel 183 a.C. per trovare tracce più consistenti di un’organizzazione umana socialmente più evoluta.

Studiando l’etimologia di alcune parole che indicano luoghi, torrenti e paesi del comune, si trovano tracce anche del passaggio dei Celti, che occuparono il Friuli intorno al 500 a.C.. Queste tracce sono riscontrabili in Grivò, Canal di Grivò, da “Gravone”, “Canal de Gravone” nomi molto usati nella Francia meridionale, regione anticamente popolata dai Celti, e anche nella desinenza “is” di Faedis che pur se di origine latina, da “fagetum” bosco di faggi, evidenzia l’influenza dell’antico sostrato della parlata celtica.

Con l’arrivo dei romani in Friuli, si assiste ad una riorganizzazione del territorio che vede interessata anche Faedis. In località Collevillano, “colle della villa”, probabilmente doveva esserci la villa o un piccolo agglomerato di case appartenenti ad un colono romano; infatti in questa zona sono numerosissimi i resti di cocci, anfore, mattoni e nei lavori di sbancamento di un vigneto all’inizio del secolo si trovarono anche le fondamenta di alcune case.

Nel 1934, quando per ampliare la chiesa parrocchiale fu rimosso il vecchio pavimento, vennero alla luce alcune monete tra cui un sesterzio di Domiziano che fu imperatore dall’ 81 al 96 d.C.. Faedis probabilmente era un importante punto strategico, collocato sulla “via Cividina” che da Gemona portava a Cividale (di questa strada si trovano tracce, ricoperte di terra e sassi, in località Ca’ Bertossi).
Di questo periodo presumibilmente è la costruzione di una torre di avvistamento, situata più o meno dove è collocata ora quella del campanile della chiesa (risalente all’epoca dei Cucagna, XIII secolo), che serviva per controllare la valle del Grivò e comunicare, attraverso il sistema delle fortificazioni a specchio, eventuali invasioni da parte dei barbari.

Il paese doveva sorgere all’incirca dove si trova adesso, ben distante quindi, come era abitudine, dalla villa del colono. La zona di Collevillano infatti dista poco più di un chilometro dal centro del paese. I romani portarono a Faedis la coltivazione della vite e dell’olivo che ancora oggi sono praticate.

Per la parte sud del territorio del Comune di Faedis, passava un tratto della Via Pons Sonti, una delle stradi principali del periodo romano che collegava Cividale (Forum Juli) a Tricesimo e quindi alla Via di Virunum che saliva verso il Norico. Le tracce del tracciato sono un po’ visibili, ancora oggi, osservando dall’alto si scorge una linea retta che passava qualche centinaio di metri sopra Case Presa e giungeva fino a Ronchis, e poi proseguiva fino a Tricesimo. A questo periodo alcune fonti fanno risalire anche l’origine degli abitati di Campeglio e Raschiacco. Dopo la caduta di Roma nel 476 d.C., segue fino al 1000 un periodo molto oscuro ed avaro di notizie soprattutto per Faedis. Il Friuli fu continuamente invaso e occupato da diversi popoli, fra cui i Longobardi, che lasciarono traccia del loro passaggio nel nome del colle sul quale sarebbe sorto il Castello di Zucco, il Colle “Rodingerius” che deriva da Roding, parola dell’antico tedesco.

Analizzando il fenomeno delle migrazioni slave, che avrebbero portato tali popolazioni ad insediarsi sui monti delle Valli del Natisone e del Torre, si può dedurre che alcune delle frazioni di montagna abbiano origine in questo periodo.

IL MEDIOEVO
E I CUCAGNA

Dopo la caduta del ducato longobardo e la successiva occupazione da parte dei Franchi di Carlo Magno, si assiste ad un periodo che è considerato tra i più oscuri e desolati per l’intero Friuli. La popolazione era decimata, abitava in villaggi isolati per lo più autosufficienti nei quali comandavano i capifamiglia. A Faedis i capifamiglia usavano riunirsi vicino alla chiesa di Santa Maria Assunta al centro dell’allora piccolo villaggio.

Questo tipo di organizzazione era diffusa in tutto il Friuli intorno all’anno 1000. Con la nascita del Sacro Romano Impero nel 962 le cose iniziarono a cambiare.

l Friuli venne assoggettato all’Impero Germanico e Ottone I, capita l’importanza di questa terra di confine con uno sbocco sull’Adriatico, per renderla più sicura e salvaguardarla dall’invasione dei barbari, decise di rafforzare la Chiesa, cioè il Patriarcato di Aquileia. Ma accortosi che questo non era sufficiente avviò e favorì il fenomeno della cosiddetta “colonizzazione aristocratica”, cioè la calata di nobili tedeschi a lui fedeli a cui affidò “feudi”, territori che questi signori facevano lavorare alla popolazione contadina locale.

 

Fu in questo periodo che arrivò a Faedis, e fece il suo ingresso ufficiale nella storia, Odorico di Auspergh, il nobile carinziano che nel 1027 avrebbe ricevuto la licenza dal Patriarca Popone di costruire un castello a Faedis.

Il nobile intelligentemente scelse un monte poco sopra Faedis, probabilmente già sede di una torre di avvistamento di epoca romana, dal quale dominare la valle del Grivò e il piccolo villaggio di Faedis.

Il castello fu costruito sulla cima del monte, “Cuc” cocuzzolo, e da questo fatto deriva il nome Cucagna attribuito al castello e alla nobile famiglia.

I primi anni del dominio del nuovo signore furono molto duri per la povera popolazione sfruttata brutalmente per sistemare il feudo. Vennero costruiti canali, furono arginati i torrenti, iniziò la coltivazione di nuove terre e ovviamente fu costruito il castello.

Una volta portata a termine la costruzione del castello, i Cucagna ricevettero la visita del Patriarca di Aquileia. Questo fu l’inizio dell’ascesa politica nell’ambito dello Stato patriarcale friulano, che portò questa nobile famiglia ad assumere un ruolo fra i più importanti nella storia feudale friulana. Di riflesso Faedis e il suo territorio diventarono un punto rilevante nel susseguirsi delle vicende lungo tutto il periodo medievale, ma purtroppo anche teatro di continue distruzioni e incendi da parte degli eserciti dei nobili che di volta in volta avevano disputa con i Cucagna.

Il ruolo dei Cucagna all’interno del patriarcato fu molto importante. Sono infatti descritti come “feudatari
ministeriali” e “Camerati” del Patriarca e dovevano provvedere sia in vita sia dopo la morte del Patriarca alla custodia e alla cura della camera patriarcale, cioè dei tesori della chiesa.

La potenza politica della famiglia è da ricondursi senza dubbio agli ottimi rapporti con il Patriarca che
contraccambiava la fedeltà dei Cucagna assegnando ai vari membri della famiglia ruoli sempre più importanti all’interno dell’organizzazione del patriarcato. Con

il passare degli anni anche la potenza economica aumentò notevolmente come pure i feudi ed i componenti della famiglia, che col tempo si divise vari rami: Cucagna, Partistagno, Valvasone, Zucco, Freschi.

Il Castello di Zucco (da “zuc”, colle) fu costruito nel 1248 poco sotto quello di Cucagna, e fino al 1326 fu considerato tutt’uno con quello di Cucagna. Dopo tale data fu ceduto definitivamente al ramo della famiglia Cucagna che prese il nome di Zucco.

La condotta politica dei Cucagna con il passare degli anni non fu molto lineare. Capitava a volte che per ragioni di interesse stringesse alleanze con nobili nemici del Patriarca al quale avevano giurato fedeltà e questo modo di fare negli anni comportò degli effetti negativi per questa famiglia.

Nell’ultimo decennio del 1200 si vede la formazione di due fazioni di castellani, da una parte i Savorgnano spalleggiati dai “della Torre”, “de Portis” ecc.. e dall’altra i Cucagna spalleggiati dagli “Attimis”, “Strassoldo”, “Arcano” che per tutti gli anni a seguire si combatterono. E’ inutile ricordare che la più colpita da queste vicende fu la popolazione di Faedis che si vedeva di volta in volta distruggere il paese, i raccolti, i campi ecc..

I nobili Cucagna per cercare di non perdere l’appoggio della popolazione, resero libero di tanto in tanto qualche servo, ma l’atto più consistente verso la popolazione si ebbe il 25 maggio 1326 quando venne emanato lo “Statuto della Villa di Faedis” nel quale furono scritte le leggi che regolavano la vita nella vicinia.

La vicinia era l’assemblea dei capifamiglia di Faedis che comprendeva FaedisRonchisCanebolaCostalungaCanal di GrivòPedrosaCostapianaRacchiuso
(ora in comune di Attimis).

Le pene previste andavano da semplici ammende alla pena di morte in caso di omicidio. Tale pena era evitabile se l’assassino era perdonato dalla famiglia della vittima.

DALLA SERENISSIMA

ALL’UNITÀ D’ITALIA

In questo periodo i nobili iniziarono ad abbandonare i castelli, i confini erano più sicuri e ormai quelle costruzioni non erano molto comode. Le numerose famiglie dei vari rami dell’originale casata dei Cucagna (i Cucagna dal XVI secolo assunsero l’appellativo di “Freschi” da Francesco di Cucagna, “Fresco”), una volta scese in pianura, si stabilirono a Faedis, Udine e Cividale. Ma è principalmente Ronchis che divenne il luogo di fissa dimora dei Freschi e dei Partistagno che qui costruirono le loro grandi ville.

Il trasferimento dei servi e dei braccianti determinò un notevole aumento della popolazione di Ronchis che arrivò a 150 persone. L’entità di questo numero risulta chiara se si pensa che nel 1596 la pieve di Faedis, che comprendeva Faedis, Ronchis, Canebola, Costapiana, Costalunga e Pedrosa, aveva una popolazione di 850 persone.

Le altre frazioni di Faedis (Campeglio, Raschiacco, Colloredo, Valle) videro legate le loro vicende al castello di Soffumbergo, residenza estiva dei Patriarchi dal 1240 alla caduta del patriarcato. Il castello era abitato da un gastaldo con feudo d’abitanza che il Patriarca teneva a guardia del maniero. Questa zona, grazie alla presenza costante del capo religioso e civile del Friuli, godette di rinomanza e di fasto. Nel 1420 il castello passò sotto il controllo degli Strassoldo e nel 1441 venne distrutto ad opera dei cividalesi.

Nel 1500 le terre friulane furono di nuovo al centro di lotte, saccheggi e distruzione, questa volta a causa della guerra tra i veneziani e gli austriaci. I Cucagna, di origine carinziana, si allearono con gli austriaci e nel 1516 quando, dopo la pace tra Venezia e l’Austria, il territorio di Faedis tornò sotto il dominio della Serenissima, i Veneziani si vendicarono bruciando i castelli dei nobili faedesi. Questo è da considerarsi un atto simbolico, dato che ormai i castelli erano abbandonati da anni. La vendetta dei Veneziani si concluse estromettendo i Freschi dalla vita politica friulana e relegandoli ad un ruolo marginale. Gli anni che seguirono videro in Friuli un susseguirsi di carestie e pestilenze aggravati dalle sempre più numerose tasse che Venezia richiedeva per sostenere le guerre.

Nel 1600 i Veneziani per recuperare più fondi possibili iniziarono a vendere terre comunali che logicamente vennero acquistate e poi sfruttate da chi aveva già denaro. Nel 1640 apparvero a Faedis, come possessori di fondi comunali, i Colombatti (cittadini udinesi) e più tardi i signori veneti Candeo, di cui rimane traccia nel nome del monte dietro le scuole.

Nel 1600, oltre alla povertà e alla miseria, trovò sviluppo e diffusione anche un complesso di credenze, di miti e di superstizioni che la Chiesa ufficiale cercò di combattere in tutte le maniere. E’ il periodo delle streghe e degli stregoni, della riforma religiosa di Martin Lutero, ecc.. Tutte cose che la Chiesa cercò di combattere attraverso la Controriforma per eliminare le idee eretiche e riaffermare l’ortodossia cattolica. Anche a Faedis si diffusero le credenze di streghe, infatti dall’esame degli atti del S. Officio raccolti presso la Curia di Udine, è venuto alla luce il processo di stregoneria a una certa Domenica o Menega da Faedis nel 1647, che non venne condannata.

Nel ‘700 in Friuli finalmente si assiste ad una leggera evoluzione della situazione economica e politica grazie ad un miglioramento delle condizioni di vita e alla decadenza delle istituzioni venete. La popolazione aumentò: dai 110.000 abitanti della prima metà del ‘600, si passò ai 300.000 del 1750.

La ragione prima di questo aumento demografico è da ricondursi all’inizio della coltivazione del granoturco, importato dall’America dagli spagnoli. La farina che si produceva con questa pianta permetteva di preparare la “polenta” un nuovo alimento più ricco di quelli che costituivano la normale dieta dell’epoca. Questo cibo sarebbe stato la base dell’alimentazione contadina per molti anni. Faedis in questo periodo, grazie all’intraprendenza del conte Gerardo Freschi, vide sorgere sul suo territorio una fabbrica di pignatte che esportava anche fuori regione. La figura di questo nobile fu molto importante anche per il resto della provincia, infatti risulta uno dei fondatori a Udine dell’Accademia dell’Agricoltura che si prefiggeva di migliorare e far progredire il sistema agricolo friulano.

L’arrivo dei francesi nel 1797 diede una svolta alla realtà politica, sociale e alla mentalità popolare della gente friulana. Purtroppo la successiva conquista del Friuli da parte degli austriaci, (a fianco cartina fatta dagli austriaci tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800) i quali occuparono la regione dal 1813 al 1866, arrestò lo sviluppo di queste idee di libertà, che solo intorno al 1848 ripresero a propagarsi permettendo la cacciata degli austriaci e il passaggio sotto l’Italia. In questo periodo c’è da registrare l’ultima grande fame; nel 1816-1817 a Faedis in un solo anno morirono 151 persone quando la media di quegli anni era di circa 50 persone. Faedis, grazie a don Antonio Leonarduzzi (il parroco all’epoca era considerato il non plus ultra del sapere, culturalmente il punto di riferimento fondamentale), prete di ispirazione liberale, che riesce ad inculcare questi valori nella gente della sua parrocchia, si rivela uno dei centri di maggior fermento nel periodo che precede l’annessione del Friuli al Regno d’Italia. Questo dato viene confermato quando il 21 e il 22 ottobre 1866, in occasione del plebiscito per sancire l’annessione al Regno d’Italia, a Faedis si registrano soltanto voti favorevoli (in provincia di Udine ci furono 104.988 voti favorevoli, 36 contrari e 15 nulli). Il 29 dicembre con regio decreto venne nominato il primo sindaco di Faedis, Giuseppe Armellini.

Da allora in poi si aprì un periodo di stabilità che permise l’inizio dello sviluppo di questa zona. In questi anni Faedis contava quasi 5000 abitanti ed era considerata una delle zone di maggiore produzione vinicola della provincia di Udine. Grazie al discreto sviluppo agricolo, Faedis riuscì ad arginare in parte il fenomeno dell’emigrazione che caratterizzò le terre friulane fino alla seconda metà del 1900.

DALLA I° GUERRA

MONDIALE

AL FASCISMO

La scena politica faedese, sul finire dell”800, vede la formazione di due orientamenti principali: i liberali e i cattolici. Fino a quando il parroco fu don Leonarduzzi, non ci furono grandi motivi di attrito, perché egli era di ispirazione liberale, ma quando gli succedette don Giuseppe Bernich, le cose cambiarono molto.
Questo nuovo prete era antiliberale convinto e favorevole al temporalismo della Chiesa. La lotta tra le due fazioni si accese subito: da una parte i liberali che erano formati dalla borghesia terriera e professionale, dall’altra coloro che orbitavano intorno alla parrocchia.
 Molti episodi di questa “guerra” politica finirono al centro di dispute che uscirono dai confini del comune sollevando clamore a livello provinciale, arrivando persino sui banchi del tribunale come avvenne nel 1905, quando i liberali si rifiutarono di pagare il quartese a don Quargnassi.

L’inizio del secolo vide salire al trono Vittorio Emanuele III dopo l’assassinio di Umberto I. Il nuovo re affidò il governo al liberale Giolitti. Le riforme attuate da costui, pur costituendo un miglioramento rispetto alle condizioni precedenti, tendevano sempre a colpire le classi più disagiate e povere, che iniziarono a riunirsi in associazioni con lo scopo di tutelare i propri interessi.

Le associazioni che nacquero furono di ispirazione socialista e cattolica. Le prime si svilupparono più che altro in città le seconde furono più presenti in campagna e nei centri rurali. Faedis grazie a don Quargnassi, prete ispirato, vide nascere tre associazioni molto importanti per il miglioramento della qualità della vita della gente povera: la Cassa rurale, il 2 dicembre 1902, la Cooperativa di Consumo il 13 luglio 1902 e, sempre nello stesso anno, la latteria sociale. I liberali invece, come accadeva nel resto d’Italia, tendevano a preoccuparsi principalmente di tutelare i propri interessi e di combattere il potere temporale della Chiesa.
L’attivismo cattolico dunque permise a questa parte politica di vincere le elezioni del 1902. Questo fatto portò all’inasprirsi della contesa tra i liberali e i cattolici che si placò solo quando nel 1909 don Quargnassi lasciò Faedis per andare in America.

 

La mancanza di vie di comunicazione in buono stato teneva i paesi di campagna in un certo ristagno culturale e questo accadeva anche a Faedis. La gente infatti si affidava di più alla cultura tradizionale, pragmatica fatta sull’esperienza, che all’istruzione fornita dalla scuola. Inoltre molti erano costretti a lasciare le scuole giovanissimi per andare a lavorare i campi.

Il lento sviluppo della società faedese si bloccò nel 1914, all’inizio della prima guerra mondiale.
Il comune situato al confine con l’impero Austro-Ungarico fu una delle zone che sentirono per prime e di più gli effetti della guerra.

In quegli anni si susseguirono i passaggi di truppe che, pur essendo di nazionalità italiana, tendevano a comportarsi in modo molto negativo: saccheggi, violenze e stupri da parte di soldati italiani non erano rari. Questa situazione peggiorò quando, il 27 ottobre dopo la famosa disfatta di Caporetto (distante pochi chilometri da Faedis), arrivarono i soldati austriaci e tedeschi che oppressero la popolazione con requisizioni di bestiame e di ogni genere alimentare per far fronte alla crisi alimentare dei reggimenti sui vari fronti.

I rappresentanti della popolazione fecero presente al comando austriaco l’esosità delle richieste, ma esso si dimostrò irremovibile. Solo dopo l’intervento del parroco don Mulloni che gridava: “Bene, noi il grano ve lo daremo, ma voi dovrete farci un piacere. Portate sulla nostra piazza una mitragliatrice, allineateci tutti e fucilateci, così non avremo il dolore di vedere morire di fame i nostri bambini, le nostre donne e i nostri vecchi che non hanno colpa”. La posizione degli austriaci si ammorbidì e si dimostrarono subito meno esigenti.

 

L’arrivo di una brigata ungherese che si insediò a Faedis dal 18 febbraio 1918 fu l’inizio di un periodo veramente terribile per la popolazione: violenze e razzie erano all’ordine del giorno, la vita stessa dei contadini era messa in pericolo. Solo con la partenza di questi soldati, il 22 aprile, la situazione tornò, per così dire, alla normalità.

Finalmente il 4 novembre 1918 giunse la fine della guerra. La situazione si presentava disastrosa: oltre ad un numero elevato di morti, 144 di cui 53 solo a Faedis, le continue razzie e distruzioni portate da ogni esercito avevano messo il paese in ginocchio: case distrutte, campi rovinati, bestiame requisito dai tedeschi, ecc.. Ad aggravare questa situazione giunse anche la febbre spagnola che provocò la morte di altre 60 persone.

Il ritorno dei “profughi”, coloro che erano scappati all’arrivo degli austriaci, fece tornare in fermento l’ambiente politico faedese. Le accuse di “austriachismo” (coloro che erano rimasti durante l’occupazione austriaca erano stati accusati di essere favorevoli al governo austriaco) colpirono anche il clero, nonostante fosse stato in molti casi, come era avvenuto a Faedis, l’unico punto di riferimento per la popolazione nel periodo dell’occupazione. Ciò causò una perdita di credibilità che portò alla sconfitta dell’ala cattolica nelle elezioni del 1920.

Erano gli anni del fascismo che non tardò a prendere piede anche a Faedis, aiutato dal fatto che il paese era governato da una coalizione che comprendeva liberali ed ex combattenti. Già nel 1922 venne creata una sezione delle camicie nere con sede nei locali sotto il municipio. Piano piano la vita tornò alla normalità e la ricostruzione prese avvio.

Le associazioni cattoliche, anche per rispondere politicamente alla sconfitta nelle ultime elezioni, ridiedero vita al loro attivismo fondando numerose istituzioni a carattere socio-economico. Quegli anni videro la nascita della scuola materna, della scuola di lavoro femminile, della banda cittadina, del forno cooperativo e della società per la distribuzione dell’energia elettrica.

Il livello medio della vita degli abitanti di Faedis rispetto ai paesi vicini era da considerarsi discreto. In quel periodo si verificò uno sviluppo dell’orticoltura ed un regresso della viticoltura a causa della politica agraria propugnata dal fascismo. Coloro che non emigravano e le ragazze che non andavano a fare le domestiche della borghesia cittadina, intervallavano il lavoro nei campi con la coltura del baco da seta e la produzione di scope o di cesti in vimini.

L’egemonia politica del fascismo non condizionò la vita culturale, dove a farla da padrone era ancora l’associazionismo cattolico. A Faedis, ad un’indifferenza verso le manifestazioni organizzate dai fascisti corrispondeva una presenza sempre maggiore nelle associazioni cattoliche (il comitato parrocchiale comprendeva circa 500 iscritti mentre il circolo giovanile aveva oltre un centinaio di aderenti). Quella situazione era da ricondursi allo storico contrasto tra cattolici e liberali, divenuti fascisti, che ebbe origine all’inizio del ‘900 e causò sempre maggiori scontri tra le due fazioni.

Giulio Borgnolo, segretario del fascio locale, divenuto podestà seppe evitare i contrasti e le polemiche e grazie alla nuova situazione politica, gli anni che precedettero l’inizio della seconda guerra mondiale trascorsero abbastanza tranquilli.

DALLA II° GUERRA

MONDIALE

AD OGGI

Il 10 giugno 1940 Mussolini fece entrare in guerra l’Italia senza una preparazione militare ed economica adeguata, ritenendo ormai scontata la vittoria della Germania. Così non avvenne e il 25 luglio 1943 il regime fascista fu rovesciato.

Il Generale Badoglio che subentrò a Mussolini nella guida del paese affermò che l’Italia avrebbe continuato a combattere a fianco della Germania, ma intanto nell’agosto inviò degli emissari per prendere contatti sui termini della resa e il 3 settembre successivo a Cassabile, in Sicilia, l’Italia firmò l’armistizio. L’8 settembre, con un comunicato radio, il governo annunciò la resa. E’ in quel periodo, con la lotta partigiana, che Faedis iniziò ad avere un ruolo di protagonista nello svolgersi della guerra.

In Friuli, nel marasma che segue la firma dell’armistizio, con prevalenza sulle montagne delle Prealpi centrali ed orientali, nacquero i primi reparti partigiani per combattere i nazifascisti. Dalle campagne e dalle città giovani e meno giovani, ufficiali e soldati del disciolto esercito regolare, militanti e clandestini dei partiti di sinistra e antifascisti in genere, andarono alla macchia dando vita ai primi battaglioni.
A Faedis, già prima dell’8 settembre 1943, era nato un reparto di resistenza antifascista (il primo d’Italia) che, denominato “Distaccamento Garibaldi”, aveva sede sopra Stremiz e si proponeva di costituire un centro di reclutamento partigiano nella valle del Grivò.

L’esercito regolare, venuto a conoscenza di questi movimenti, fece un rastrellamento e costrinse il gruppo a spostarsi più a est verso il “Collio”, dove si sciolse momentaneamente per poi unirsi al battaglione “Garibaldi” costituito il 10 settembre 1943, nel quale confluirono tutti i partigiani di ispirazione comunista.

I primi tempi della lotta partigiana non portarono a grandi successi, erano gruppi poco organizzati e senza esperienza, ma furono utili per spaventare i tedeschi che, accortisi della presenza partigiana nella zona di Faedis, per paura di attacchi e per farli desistere, sparavano sulle colline 12-15.000 colpi di artiglieria per notte.

La lotta partigiana si organizzava sempre di più ed, aiutata anche dall’evolversi della guerra, portò alla formazione di zone libere, in cui a comandare c’erano i partigiani. In Friuli questo accadde per la “Zona libera della Carnia” e per la “Zona Libera Orientale”. In quest’ultima oltre a Faedis e il suo territorio erano compresi anche i comuni di Nimis, Attimis, Torreano, Lusevera e Taipana per una superficie complessiva di 250 Kmq.

La “Zona Libera Orientale” iniziò a formarsi nel giugno-luglio del 1944, quando i tedeschi furono costretti a far convergere la maggior parte delle truppe in altre zone. La costituzione di questi territori liberi dall’occupazione tedesca e nei quali si poteva tornare a condurre una vita abbastanza normale risultò utile anche come forza psicologica costituendo, per le popolazioni circostanti, un incitamento alla ribellione e alla collaborazione con i partigiani per sconfiggere i tedeschi.
Nel settembre del 1944 la “Zona Libera Orientale” conobbe la sua massima estensione raggiungendo i 350 Kmq.

I partigiani che combattevano nel Friuli formavano due divisioni, la “Garibaldi” e la “Osoppo”. La prima, di ispirazione comunista, vedeva la lotta partigiana come una lotta di popolo di cui i partigiani erano l’espressione armata, mentre per la seconda, costituita da uomini del partito d’Azione e da democratici cristiani, la lotta partigiana doveva essere condotta da uomini preparati lontano dai centri abitati per non causare danni alla popolazione. Queste divergenze non permisero mai l’unione di tutti i partigiani in un unico gruppo che sarebbe stato più facile organizzare.

Alla fine del settembre 1944 i tedeschi affrontarono con decisione il problema delle zone libere ed utilizzarono per questo un contingente di 29.000 uomini. I partigiani in inferiorità di mezzi e di uomini, contavano circa 3000 effettivi. Purtroppo vennero sconfitti e la controffensiva si concluse con l’incendio dei paesi di Faedis, Nimis e Attimis. A Faedis ci furono 84 case bruciate, 16 civili uccisi, 91 deportati, 17 dei quali non fecero più ritorno a casa, e 300 senza tetto.

La popolazione era prostrata e i partigiani avevano dimostrato l’inadeguatezza della propria organizzazione; mentre la Garibaldi ripiegava verso il Collio, le formazioni della “Osoppo” si dispersero nella valle del Grivò. L’inverno 1944-45 fu molto duro e la popolazione rimasta senza casa venne aiutata dalla gente dei comuni vicini, e delle bassa friulana.

Dopo la riconquista da parte dei tedeschi, a Faedis si susseguirono dei presidi di guarnigioni cosacche che terrorizzarono la gente con saccheggi, violenze e stupri.

Il febbraio del 1945 fu teatro di uno degli episodi più atroci che avvennero in queste zone durante la seconda guerra mondiale: l’eccidio di Baita Topli Uorch, (più conosciuto come Malghe di Porzûs), nel quale trovarono la morte 15 partigiani della brigata “Osoppo” per mano di un gruppo di gappisti garibaldini comandati dal “Giacca”. Qualche mese dopo questo tremendo atto, anche il Friuli fu liberato e il 1° maggio 1945 le campane finalmente suonarono a festa.

Finita la guerra, si ponevano nuovi problemi tra cui l’organizzazione del nuovo stato, monarchia o repubblica. Questo problema venne risolto con il referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
Nel comune di Faedis su 2775 votanti 1534 furono favorevoli alla repubblica, 973 alla monarchia, 208 furono le schede bianche e 40 le nulle.
Successivamente vennero indette le elezioni per formare l’Assemblea Costituente che vide anche a Faedis la vittoria della Democrazia Cristiana seguita dai socialisti.
Sempre nel mese di giugno a Faedis si tennero le prime votazioni per l’elezione dell’amministrazione comunale.

Faedis confermò l’orientamento espresso nell’elezione dell’Assemblea Costituente; vinse la Democrazia Cristiana sulla lista di Unità popolare formata dai partiti Comunista e Socialista.
Il primo sindaco scaturito da libere elezioni fu Giuseppe Pelizzo che, insieme alla sua amministrazione e alla gente di Faedis dovette affrontare i problemi della ricostruzione e della rinascita sociale ed economica della comunità faedese così prostrata dalla guerra.
La ripresa economica fu lenta ma progressiva, anche se purtroppo riprese l’emigrazione. Dal 1945 al 1959 furono 1700 le persone che lasciarono il comune per trasferirsi all’estero in cerca di lavoro. Lo sviluppo dell’industrializzazione richiamò verso le città e i poli industriali un sempre maggior numero di persone provocando l’abbandono dell’agricoltura, dell’artigianato e la tendenza allo spopolamento soprattutto delle frazioni montane. Dopo la fine della guerra, il comune di Faedis, come tutto il Friuli, iniziò un lento sviluppo economico, sociale e culturale, favorito finalmente dalla stabilità.

Il 6 maggio 1976 alle 21.00 il Friuli venne colpito da un’altra terribile disgrazia: il terremoto. Gemona e Venzone vennero rasi quasi completamente al suolo e nel comune di Faedis, inserito nella fascia dei comuni disastrati, si registrarono gravi danni agli edifici e alle case, ma per fortuna non ci furono morti.

Dopo questo fatto, i Friulani si rimboccarono le maniche e nel giro di qualche anno, oltre a ricostruire ciò che era stato distrutto, iniziarono uno sviluppo economico che oggi fa della nostra regione una delle più ricche d’Italia e d’Europa, dopo secoli e secoli di miseria. Il Comune di Faedis è stato insignito della Medaglio d’Oro al Merito Civile, per l’opera di ricostruzione post-terremoto. “In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegno civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, morale ed economico. Splendido esempio di valore civico e d’alto senso del dovere, meritevole dell’ammirazione e della riconoscenza della Nazione tutta.

Oggi Faedis è un paese tranquillo, immerso nel verde, con un’economia abbastanza sviluppata, soprattutto la viticoltura, e la popolazione appartiene per la maggior parte al ceto medio.

ECCIDIO DI 

BAITA TOPLI UORCH

Il 7 febbraio 1945 un centinaio di gappisti garibaldini, comandati dal “Giacca” (prima della resistenza già condannato per reati comuni), raggiungono le malghe di Porzûs poco distanti dall’abitato di Canebola in comune di Faedis, dove risiedono 17 osovani comandati dal capitano De Gregori (“Bolla”) e da Valente (“Enea”). Essi immediatamente fucilano, senza ragione nè giudizio, per le colpe che attribuivano loro di “intelligenza col nemico”, i due comandanti e una donna, la Turchetti, indicata spia da Radio Londra. Nei giorni successivi fucilano, nel Bosco Romagno, vicino a Cividale del Friuli, anche gli altri osovani, meno due. Tra loro il partigiano osovano (“Ermes”) Guido Pasolini, fratello del famoso poeta Pier Paolo.

Un fatto tremendo che segna il punto più disastroso a cui giunge in queste terre la dilacerazione fra guerre partigiane. Questo fatto può trovare qualche spiegazione, non certo giustificazione, soltanto in considerazione della tormentata problematica ideologica esistente in questa zona di confine. Questo atroce episodio ha lasciato un segno profondo nella storia della Resistenza in Friuli.

Tutt’oggi, la prima domenica di febbraio, viene celebrata una cerimonia di commemorazione, alla quale partecipano quasi tutti i partigiani Osovani ancora in vita, testimoni di quel drammatico periodo.

Nel 1992, la baita dell’eccidio venne visitata dal Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. In seguito, nel 1997, il regista Martinelli girò il film “Porzûs” ispirato a questi avvenimenti, che suscitò non poche polemiche, ma che contribuì a non far dimenticare questo triste avvenimento.

La Malga di Porzûs, a breve riceverà l’attestato di “Monumento Nazionale”.